Come di recente emerso dalla ricerca “I servizi immobiliari in Italia e in Europa” realizzata da Scenari Immobiliari con la collaborazione del gruppo Innovation RE/Yard, in Italia le attività immobiliari rappresentano poco meno di un quinto del Pil nazionale posizionandosi in testa rispetto ai cinque maggiori Paesi europei presi in esame.
Tale importante settore mette l’Italia al primo posto solo in termini percentuali, mentre in valori assoluti siamo penultimi prima della Spagna. Ci precedono infatti Regno Unito e Germania con 115 e 110 miliardi, la Francia con 81 miliardi. L’Italia esprime un fatturato di appena 37 miliardi seguita in coda dalla Spagna con 24 miliardi.
Molto importante è anche il valore di fatturato per addetto che vede confermata una posizione in coda e ci fa ben vedere i limiti del modello organizzativo rispetto ai valori dei Paesi più avanzati. La Germania traina con 270mila euro/addetto seguita dalla Francia con un altrettanto significativo fatturato di 256mila euro/addetto. L’Italia e la Spagna sono a valori intorno alla metà.
Certo il Facility e il Properti Management in Italia con il 31% e 23,6% di ricavi rispettivamente sono sopra alla media europea (28% e 22,6%) ma anche in questo caso si parla di valori percentuali e non totali.
Forse il dato più importante su cui fare una riflessione è che l’Italia è il Paese con la maggior frammentazione delle imprese. In termini numerici il settore conta circa 240mila aziende contro le meno di 90mila del Regno Unito. Una tale condizione genera un elevato tasso di competizione e un’evidente erosione dei margini operativi. Se avete letto l’ottimo libro di Peter Thiel “da O a 1” vi rendete conto di quanto l’affollamento del proprio mercato di riferimento non giovi ad un’azienda e al suo servizio.
Condivido le considerazioni di Mario Breglia e credo quanto mai necessario che il Sistema Paese operi per una riduzione della frammentazione delle Aziende del settore. La mancanza di una adeguata “massa critica” riduce la solidità finanziaria e l’ampiezza del parco clienti e impedisce l’evoluzione del Settore verso non solo modelli organizzativi più efficienti ma anche verso tecnologie di mercato innovative.
Con un contesto così differenziato diventa difficile distinguersi efficacemente per scelte di carattere tecnico-operativo e per l’uso di nuove tecnologie in quanto queste ultime richiedono forti investimenti e una clientela abituata ed educata a misurare la differenza nella qualità del servizio.
Tale evoluzione richiede una spinta all’innovazione non solo dal lato dei principali player, per riconquistare e dominare fette sempre più ampie di mercato, ma soprattutto da parte dei più grandi clienti che devono alzare l’asticella del livello qualitativo dei servizi attesi.